Fondazioni, quote societarie ereditate esenti da imposta

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Esenzione da imposta di successione per il trasferimento di partecipazioni sociali, anche di minoranza, a favore di una fondazione e calcolo della plusvalenza in caso di successiva vendita. Questi i temi della risposta n. 441 dell’Agenzia delle Entrate pubblicata ieri, in relazione all’interpello proposto da un contribuente. Due i quesiti sottoposti all’Amministrazione finanziaria:

  • da un lato, se il trasferimento per testamento alla fondazione delle partecipazioni in una società di capitali possa beneficiare dell’esenzione dal tributo successorio di cui all’articolo 3, comma 1, del Dlgs 346/1990, nonostante si tratti di partecipazioni di minoranza;
  • dall’altro, in caso di successiva vendita delle partecipazioni da parte della fondazione, quali siano i criteri corretti per la determinazione delle plusvalenze.

Sul primo punto l’Agenzia condivide la soluzione dell’istante. Il trasferimento è esente da imposta di successione laddove ricorrano i presupposti soggettivi e oggettivi previsti dal citato articolo 3, comma 1 (fondazione legalmente riconosciuta avente come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità). Non rileva, invece, che la partecipazione ceduta sia di controllo o consenta di acquisire il controllo nella società. Tale ulteriore condizione è richiesta solo per la diversa esenzione di cui al comma 4-ter dell’articolo 3, pensata per agevolare il passaggio generazionale dell’impresa in ambito familiare.

È bene ricordare che l’esenzione in oggetto resta in vigore anche dopo la riforma del Terzo settore (Dlgs 117/2017) per i trasferimenti a favore di fondazioni che abbiano scelto di non iscriversi all’istituendo Registro unico nazionale. Per le fondazioni del Terzo settore, invece, troverà applicazione la più ampia esenzione di cui all’articolo 82, comma 2 del Dlgs 117/2017, che non prevede limiti né sotto il profilo soggettivo né con riguardo agli scopi perseguiti, richiedendo solo che i beni ricevuti siano utilizzati per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’ente.

Con riguardo al secondo quesito, in caso di successiva cessione della partecipazione, per determinare la plusvalenza si assume come costo di acquisto il valore “normale” della partecipazione alla data dell’apertura della successione (articolo 68, comma 6 del Tuir). Tale valore è calcolato in proporzione al patrimonio netto della società, tenendo conto di eventuali distribuzioni di riserve o fondi che possono incidere (riducendolo) sul costo fiscale delle partecipazioni.

L’Agenzia affronta anche la diversa ipotesi del calcolo della plusvalenza in caso di recesso, esclusione, riduzione del capitale in esubero e liquidazione della società. In queste ipotesi, le somme o i beni ricevuti dai soci costituiscono utile per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto.

Trattandosi di redditi di capitale non è possibile applicare il criterio del valore normale visto in precedenza, per cui occorre effettuare un raffronto tra quanto pagato a suo tempo dal defunto e il valore ricevuto a titolo di rimborso dal socio.

Martina Manfredonia e Gabriele Sepio

Fonte: Il Sole 24 Ore, 30.10.2019