Il monitoraggio parte dal bilancio e dalla tesoreria

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Di seguito uno stralcio della documentazione relativa agli indici di allerta, previsti dal Codice della crisi, elaborati dal Cndcec e inviati al ministero dello Sviluppo.

La fondatezza degli indizi della crisi è il risultato della valutazione professionale e unitaria che gli organi di controllo societari danno del complesso degli indicatori. Il superamento delle soglie stabilite dalla legge e dal Cndcec per i vari indici fornisce ragionevoli presunzioni ma non implica automaticamente la fondatezza dell’indizio di crisi, tenuto conto della citata definizione di crisi di cui all’articolo 2 del Codice della crisi, delle specificità aziendali e delle prospettive gestionali.

La rilevazione dei fondati indizi ha quale riferimento almeno uno dei seguenti casi che l’articolo 13, comma 1, ritiene sintomatici di uno stato di crisi rilevante per la sua segnalazione di cui all’articolo 14:

  • la non sostenibilità del debito nei successivi sei mesi;
  • il pregiudizio alla continuità aziendale nell’esercizio in corso o se la durata residua dell’esercizio è inferiore a sei mesi per i successivi sei mesi;
  • la presenza di reiterati e significativi ritardi nei pagamenti.

I casi di cui all’articolo 13, comma 1, del Codice della crisi costituiscono il momento di discrimine tra situazioni di crisi che possono essere gestite ancora internamente all’impresa e situazioni di crisi rilevante che comportano l’obbligo di segnalazione di cui all’articolo 14 del Codice.

Ai sensi dell’articolo 13, comma 1, costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività. La situazione reddituale, patrimoniale o finanziaria è in squilibrio in presenza di uno dei casi di cui sopra, non necessariamente contemporaneamente alla violazione degli indici.

I ritardi nei pagamenti si ritengono sempre reiterati e significativi se superano le soglie previste dalle lettere a) e b) dell’articolo 24, comma 1, o di cui all’articolo 15 del Codice della crisi ovvero comportino non episodiche azioni esecutive da parte dei fornitori, ovvero grave pregiudizio negli approvvigionamenti. Con riferimento ai rapporti con istituzioni finanziarie, rilevano ritardi di pagamento superiori a 90 giorni superiori alle soglie di rilevanza per la classificazione creditizia scaduta in stato di default e ogni altra circostanza che determini la decadenza dal beneficio del termine.

Non sono significativi i ritardi che non travalicano il limite della fisiologia come meglio definiti nella relazione inviata al Mise.

Nel caso in cui il ritardo dipenda esclusivamente da crediti liquidi ed esigibili nei confronti della pubblica amministrazione, diversa dagli enti in stato di dissesto, esso non dovrebbe rilevare, anche in analogia con quanto previsto dall’articolo 15 che destituisce di fondamento la rilevanza segnaletica in presenza di crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione, subordinatamente alle condizioni ivi previste.

Alla luce di quanto sopra, e in particolare della considerazione dei reiterati e significativi ritardi nei pagamenti e del pregiudizio alla continuità aziendale nell’esercizio in corso o se la durata residua dell’esercizio è inferiore a sei mesi per i successivi sei mesi, il quadro delle ragionevoli presunzioni dello stato di crisi si completa secondo lo schema riportato nel grafico pubblicato nella pagina a sinistra.

Il calcolo del Dscr presuppone la stima dei flussi finanziari prognostici. Al riguardo, sia l’articolo 2381, comma 5, sia l’articolo 2086 del Codice civile prevedono il principio della proporzionalità alle dimensioni dell’impresa. A tal riguardo i principi contabili e segnatamente l’OIC 9, introducono per le imprese di minori dimensioni, la possibilità di stimare i flussi prognostici occorrenti per la determinazione del valore degli attivi, in misura semplificata ricorrendo alle sole grandezze economiche.

Il Cndcec ritiene che tale approccio, a condizione che venga rispettato il principio della sostanziale comparabilità del numeratore e del denominatore, possa essere adottato anche per la stima dei flussi al servizio del debito.

Il pregiudizio alla continuità aziendale rileva ai fini degli obblighi segnaletici nei limiti degli eventi che compromettano la continuità per l’esercizio in corso e, qualora la durata residua dello stesso sia inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi. L’imprenditore ha il compito di monitorare la sussistenza di tali minacce e valutare eventuali rimedi; gli organi di controllo hanno il compito di verificare il costante monitoraggio da parte dell’imprenditore.

Questo secondo punto di attenzione richiamato dal Legislatore rappresenta una categoria più ampia della non sostenibilità dei debiti. La non sostenibilità dei debiti è una minaccia alla continuità , ma vi possono essere minacce alla continuità correlate ad altro tipo di eventi. Alcuni di questi sono intercettabili da un affidabile sistema di risk management, quali, ad esempio, rilevanti perdite per danni ambientali, controversie giudiziarie che coinvolgono i vertici della società, profondi dissidi nella proprietà, perdita improvvisa di clienti o fornitori fondamentali.

Queste minacce non sono rilevabili dagli indici di cui alla delega, in quanto avulse dal sistema dei valori di bilancio al quale tali indici si riconnettono, ma devono essere attentamente monitorate da parte dell’organo amministrativo. Esemplificativamente si considerino anche gli eventi che secondo il Principio di revisione internazionale (Isa Italia n. 570 Continuità aziendale) possono compromettere la continuità aziendale. Trattasi per lo più di indicatori non finanziari.

L’articolo 14 richiede che l’organo amministrativo valuti costantemente (e dunque nel continuum temporale) se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale sia il prevedibile andamento della gestione, e richiede agli organi di controllo la segnalazione tempestiva all’organo amministrativo dei fondati indizi della crisi.

Sul piano sostanziale, tuttavia, la capacità di ciascuna impresa di implementare un adeguato assetto organizzativo che consenta un frequente calcolo degli indicatori di crisi dipende dalla dimensione, dalla complessità e dalla qualità dell’organizzazione aziendale, degli strumenti disponibili e, in ultimo, delle risorse umane impiegate.

Occorre dunque identificare una periodicità che consenta di contemperare le due esigenze sopra evidenziate. A tale scopo soccorre il disposto dell’articolo 24, il quale individua alla lettera c) del primo comma il riferimento agli indicatori di crisi di cui all’articolo 13, commi 2 e 3, ai fini della tempestività dell’iniziativa da parte del debitore.

In particolare, il dies a quo rilevante per la tempestività dell’istanza di cui all’articolo 19 del Codice agli Ocri ovvero per la domanda di accesso alle procedure di regolazione della crisi è fissato con riferimento al superamento nell’ultimo bilancio approvato o comunque per oltre tre mesi, degli indici di cui al presente documento.

Il riferimento ai tre mesi di superamento degli indici comporta l’esigenza di una valutazione almeno trimestrale degli stessi. Tale valutazione, in assenza di un bilancio approvato, dovrà essere condotta sulla base di una situazione infrannuale, avente natura volontaria, redatta dall’impresa per la valutazione dell’andamento economico e finanziario. Questa, nel rispetto del principio di proporzionalità, potrà essere costituita anche dai soli stato patrimoniale e conto economico, redatti secondo quanto previsto dall’OIC 30 o comunque facendo attenzione alla effettiva rilevanza delle scritture rispetto agli indici fatta salva la necessità di una adeguata valutazione preliminare del patrimonio netto.

Il riferimento all’ultimo bilancio approvato è tecnicamente possibile esclusivamente per l’indicatore di patrimonio netto e per gli indici di settore, mentre il calcolo del Dscr si basa necessariamente su dati di tipo previsionale che devono essere predisposti con cadenze più frequenti. Occorre in particolare che il controllo degli indicatori di crisi sia più frequente qualora le condizioni economiche, finanziarie o patrimoniali dell’impresa siano tali da renderlo necessario.

Nel caso in cui si utilizzino bilanci non approvati dall’assemblea o bilanci infrannuali, è necessaria una loro approvazione da parte dell’organo amministrativo, o, in mancanza, del responsabile delle scritture contabili.

La segnalazione interna all’organo amministrativo da parte degli organi di controllo deve essere motivata. La motivazione deve essere resa avendo riguardo ai fenomeni gravemente sintomatici. La motivazione può essere riferita anche ad ulteriori accadimenti straordinari attesi nei successivi sei mesi o comunque entro la chiusura dell’esercizio in corso, tali da compromettere la sostenibilità del debito ovvero la continuità aziendale. La segnalazione deve essere tempestiva.

A cura del Consiglio nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili

Fonte: Il Sole 24 Ore, 25.10.2019